Le foto di questo post sono rimaste nella scheda SD della mia fotocamera per giorni, vittime della mia proverbiale tendenza alla procrastinazione. Aspettavo di avere il tempo di riguardarle con calma, non solo per lavorare alla fase di sviluppo e di editing, ma anche per ripensare ai giorni in cui sono state scattate, ai pensieri e ai sentimenti di quel periodo. Non è forse questo il potere più forte che hanno le immagini? La capacità di riportarti, in qualche modo, a quei luoghi immortalati, di risvegliare ricordi, sapori, suoni e profumi? A giugno ho acquistato con il mio compagno un furgone camperizzato, un piccolo Ducato del 2009, che mi ha regalato un’estate piena di giorni assolati, trascorsi in mezzo alla natura e alla tranquillità, ma anche in città d’arte, viste da bambina e poi dimenticate, o in paesini poco frequentati dai turisti in cui ho potuto, per qualche ora, sfilarmi la mascherina e le paure da Covid 19.
La Val D’Orcia, Pienza, San Quirico D’Orcia, L’Abbazia di San Galgano e Siena
Aspettavamo spesso quella rara folata di vento capace di portare un po’ di sollievo in quei pomeriggi afosi passati in Val D’Orcia a Ferragosto. Il caldo era quasi insopportabile, ma ci rigenerava la vista delle colline punteggiate di cipressi e colorate di giallo, ci dava quasi la sensazione di trovarci in qualche quadro di un pittore impressionista. I Pici, i salumi di Cinta senese, il Pecorino di Pienza, il Brunello di Montalcino, nemmeno i 33° di quei giorni ci hanno impedito di assaggiarli.
Bello passeggiare tra le strade di Pienza e fare a gara a chi trova il nome della via più originale. Via della Fortuna, Via dell’Amore, Via dell’Abbandono, Via del Bacio, Vicolo Serve Smarrite. Restiamo a fissare il bellissimo panorama dalle mura nonostante il sole cocente. E poi il bellissimo Duomo, il Palazzo Piccolomini, ma anche i panni stesi ad asciugare alle finestre lungo i vicoli, che sventolano come bandiere tese verso la bellezza della campagna circostante.
Tante, troppe persone a Pienza, si capisce, è stupenda! Siamo fuggiti a malincuore, per cercare un posto meno frequentato dai turisti e fermarci a San Quirico D’Orcia, nel cuore della Val d’Orcia, a sud di Siena. Quando siamo andati a visitare il paese, il sole del tramonto accarezzava i tetti con la sua luce dorata rendendo tutto ancora più magico. La collegiata dei Santi Quirico e Giulietta, la Chiesa di Santa Maria Assunta, gli Horti Leononi, tutto ci ha colpito, il paese è un borgo piccolissimo, ma intriso di bellezza.
A pochi chilometri, nel mezzo dei colli senesi, la suggestiva Abbazia di San Galgano, famosa per essere un’Abbazia circestense senza tetto, a cielo aperto, ci ha dato la sensazione di trovarci sull’imponente set di un film storico. A pochi metri visitiamo anche l’Eremo di Montesiepi, legato alla leggenda del Sacro Grahl e della spada nella roccia di San Galgano, un luogo pieno di misteri.
Ma potevamo passare da queste parti senza almeno lasciare un saluto a Siena e provare a riacciuffare un po’ di quei ricordi che mi porto dietro sin da quando ero bambina? Era davvero così bella Piazza del Campo o la mia fantasia ha aggiunto pennellate tutte sue che hanno abbellito quei ricordi?
No, Siena è davvero stupenda, unica. Nelle strade poco affollate del Palio, siamo stati sorpresi dalle luci accese di tutti i balconi, dove le bandiere sventolavano energiche, come fossero sempre pronte ad accogliere il trionfo delle competizioni che verranno, che ricominceranno presto, quando si tornerà alla normalità e il covid farà meno paura.
Mantova
Proprio come la immaginavo, nonostante il mese di agosto, l’aria di Mantova era un po’ grigia e nebulosa, il cielo plumbeo ci ha regalato qualche scrosciata di pioggia, l’unica di tutta l’estate in camper. Da sempre trovo che le città bagnate da specchi d’acqua siano le più suggestive e Mantova è circondata da ben 4 laghi: Superiore, di Mezzo, Inferiore e Paiolo. Una città pulita, ordinata, in cui ci si muove in bicicletta. Indimenticabile il profumo della torte di rose e delle torte mantovane che si sprigionava dalle botteghe e penetrava tra i vicoli pieni di biciclette parcheggiate in maniera composta.
Verona, la città degli innamorati, scenario tragico della vicenda d’amore più famosa al mondo, vista dalle persone meno romantiche sulla faccia della terra, è comunque di una bellezza immensa! Per tutto il tempo ho imbracciato la mia fotocamera senza mollarla nemmeno per un’istante, innamorandomi di ogni Ponte: Il Ponte Pietra, Il Ponte di Castelvecchio e quello Scaligero mi fanno scattare innumerevoli foto. Sogno di rivedere la coloratissima Piazza Bra, con la sua maestosa Arena di Verona, e Piazza delle Erbe, a febbraio e non ad agosto, senza l’affollamento di turisti che hanno un po’ rovinato la magia di questa incantevole città.
Spesso una deviazione dal percorso stabilito ti porta comunque nella direzione giusta. I nostri piani sono cambiati e si sono trasformati lentamente strada facendo. A Verona abbiamo preso la decisione di non andare a vedere il punto di attrazione più ambito di tutta la città: il balcone di Giulietta. Davanti al cancello che porta nel cuore più turistico della città, ad agosto, la fila era lunghissima a tutte le ore del giorno. Così, promettendoci di tornare presto a Verona, abbiamo deciso di ripartire e di cambiare il nostro itinerario andando alla ricerca di luoghi meno affollati: non più Venezia e Triste, ma il Delta del Po, una terra stupenda e poco conosciuta, ricca di vegetazione, suggestivo punto di incontro tra il Po e il mare Adriatico. Nella Sacca di Scardovari abbiamo trascorso due giorni, praticamente soli, all’insegna della lentezza, godendo del silenzio interrotto solo dai versi degli uccelli e facendoci ammaliare dalle mille sfumature di colore del tramonto sui canneti, le barche e i pontili, lasciandoci senza parole.
La scelta della tappa successiva è stata guidata dallo stesso desiderio: quello di trascorrere del tempo in mezzo alla natura. Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e il suggestivo lago e diga di Ridracoli, ci hanno offerto altri due giorni di tranquillità, di passeggiate lungo sentieri immersi nel verde e di nottate di sonno profondo e rigenerante.
Durante i viaggi, si sa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, ma non sempre porta conseguenze così negative. Il nostro fidato amico a quattro zampe, che ci ha seguito in questo viaggio, ha iniziato ad accusare problemi gastrointestinali. Costretti a cercare un veterinario, siamo approdati alla vicina Santa Sofia, un comune di appena 4000 abitanti nella provincia di Forlì-Cesena, che non avremmo mai visitato se lì non avessimo trovato il veterinario più vicino alla nostra area di sosta camper.
Santa Sofia sembra il genere di città in cui si tiene la chiave al portone e i bambini giocano da soli per le strade o lungo il fiume fino all’imbrunire, senza la supervisione degli adulti, come si faceva una volta. La gente del posto, che ci identifica immediatamente come “forestieri” è calorosa e accogliente e ricordo benissimo la sensazione di tristezza di quando, mal volentieri, siamo dovuti ripartire per riavvicinarci a casa.
Rotolando verso sud abbiamo scelto di fermarci un giorno e una notte ad Anghiari, piccolo, stupendo paesino medioevale nella provincia di Arezzo, in Toscana, inserito tra i borghi più belli d’Italia, paese Bandiera arancione e Città Slow. Sono passati circa due mesi, ma anche senza riguardare le foto ricordo perfettamente la luce stupenda che si posava sui tetti della città, ammirati da Palazzo Testi, la Torre dell’Orologio che domina tutto il borgo, i vicoli incantevoli e la veduta panoramica dalla Piana della Battaglia.
Lago di Chiusi.
Ultima tappa. Abbiamo trascorso le ultime ore della nostra vacanza sulle sponde del piccolo lago di Chiusi, leggendo un libro in compagnia di pochi altri turisti e delle anatre e cogliendo le more succose attaccate ai rovi che circondano il lago.
I Pici all’aglione della Val d’Orcia, la ricetta che più mi ricorda la mia estate.
Tante troppe ricette mi sono rimaste nel cuore da questi giorni di ferie. I tortellini di Valeggio di Verona, La sbrisolona, i ravioli alla zucca e soprattutto la torta delle rose di Mantova. Sono stati forse i Pici però , con la loro semplicità a conquistarmi: li ho preparati spesso al mio ritorno, condendoli con il tradizionale sugo all’aglione e arricchendoli, magari con un pizzico di eresia, con il pecorino di Pienza semistagionato comprato a San Quirico d’Orcia.
Gli ingredienti sono pochissimi: acqua e farina per la pasta, pomodori freschi (ma anche pelati o passata), olio extra vergine d’oliva di qualità, sale e una generosa quantità di spicchi d’aglio, meglio se Aglione della Chiana, dal gusto delicato.
La ricetta non poteva che essere tratta dal meraviglioso blog “Juls Kitchen”
Pici all’aglione
(Ingredienti per 4 persone)
Per la pasta
500 g di farina
250 ml di acqua
1 cucchiaio di olio extra vergine d’oliva
Per il sugo
600 g di pomodori freschi maturi, oppure g di passata o di pomodori pelati
4 spicchi d’aglio
5 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
sale
peperoncino
basilico (facoltativo)
Su una spianatoia di legno lavora la farina con l’acqua calda, aggiungendola poca per volta, il pizzico di sale e il cucchiaio di olio. La quantità di acqua necessaria può variare. Lavora l’impasto fino a ottenere un composto omogeneo, lascialo riposare, avvolto con pellicola, per circa 30 minuti.
A questo punto formate i pici : Stendi i l’impasto con un matterello così da ottenere una sfoglia alta circa 1 cm. Taglia la sfoglia a strisce larghe circa un centimetro e lavora ciascun pezzetto con i palmi delle mani, assottigliando i filoncini ottenuti fino a ottenere degli “spaghettoni” dallo spessore omogeneo. Lasciali asciugare all’aria cosparsi di farina mentre prepari il sugo:scalda l’olio con gli spicchi d’aglio sbucciati e schiacciati fino a quando saranno appena dorati. Unisci i pomodori maturi a pezzi, i pelati o la passata, sale, peperoncino e cuoci a fuoco basso per circa 10 minuti. Scola i pici al dente e condiscili con il sugo all’aglione.
Pici all’aglione
Serves 4 people
500 g flour
250 ml water
1 tablespoon of extra virgin olive oil
For the sauce
600 g of fresh ripe tomatoes or tomato pulp
4 cloves of garlic
5 tablespoons of extra virgin olive oil
salt
chili
basil (optional)
Pecorino of Pienza to serve (optional)
On a work wooden surface mix the flour, the warm water, the olive oil and a pinch of salt. Add the water a little bit at a time, because the amount of water needed can vary. Knead energetically until you obtain a smooth and soft consistency. Let the dough rest for half an hour wrapped in clingfilm. Roll the dough out with a rolling pin to a thickness of 1 cm. With a sharp knife, cut it into many thin strips of 1 cm width and roll each stripe with your hands until you obtain your pici (they have to look like large spaghetti), cover them with some flour and set aside to dry.
In the meantime prepare the sauce: pour the extra virgin olive oil in a thick bottomed pan and add the garlic cloves, peeled and crushed.
Cook on very low heat for about 5 minutes, until lightly golden.
Pour in the fresh tomatoes (cut into little pieces) or the tomato pulp and stir. Add salt and chili and cook on low heat for about 10 minutes. Drain the pici “al dente” and toss them with the aglione sauce. Serve with basil and grated pecorino of Pienza.
Vi lascio con le ultime immagini della bellissima Val d’Orcia, sperando di non avervi annoiato.
Al prossimo post!
Ilaria dice
Sono senza parole difronte a tanta immensa bellezza! Sei una fotografa eccezionale ❤️ Mi sono persa nella poesia e nella meraviglia di queste foto. Complimenti di cuore! Bellissimo leggerti e deliziosa la ricetta ☺️
fotogrammidizucchero dice
Tesorino, grazie infinite💕